Ostruita defecazione

Che la stipsi rappresenti una delle patologie più diffuse dei paesi occidentali è opinione comune: dal 5% al 30 % della popolazione, a seconda delle casistiche, soffre in qualche modo di stitichezza e consuma quantità “industriali” di lassativi di ogni tipo (1) . Queste cifre sono ancora più consistenti se si fa riferimento solo al sesso femminile (rapporto 10:1 con i maschi) o all’età avanzata (45% degli over 65 lamentano il disturbo in maniera più importante ed il 63% fa uso abitualmente di lassativi ) (2). Più frequentemente la stipsi è secondaria a varie cause, di tipo endocrino, neurologico, metabolico, iatrogeno, degenerativo, organico, etc., e la risoluzione del problema sta in un corretto iter diagnostico e nella eliminazione, se possibile, della causa originaria. Ben più impegnativo, soprattutto nei casi più severi, può essere il trattamento della stipsi che non riconosce cause evidenti , che viene pertanto definita stipsi funzionale idiopatica. La percezione del sintomo della costipazione è variabile: se per lungo tempo la stitichezza è stata valutata soprattutto in termini di frequenza delle defecazioni, oggi altri sintomi sono ritenuti egualmente importanti quali l’emissione di feci troppo piccole o troppo dure, gli sforzi alla defecazione prolungati o ripetuti con senso di ripienezza rettale, una sensazione di evacuazione incompleta e/o la necessità di assistenza manuale. I parametri clinici degli esperti ( Criteri di Roma II) definiscono la stipsi funzionale idiopatica ” sforzo prolungato > 25% delle defecazioni, feci dure o caprine in > 25% delle defecazioni, e/o due o meno evacuazioni spontanee per settimana” ma un qualcosa di simile , dettato dal buon senso, si può trovare in un comune vocabolario di lingua inglese: “ ….a condition of the bowel in which the faeces are dry and hard and evacuation is difficult and infrequent “(3). Una tale definizione, con la sua semplicità, riconduce la stipsi a due soli tipi fondamentali: la stipsi da rallentato transito e la stipsi defecazione ostruita. Nel primo caso una inefficace peristalsi non riesce a far progredire il contenuto intestinale nel colon offrendo un tempo esagerato alla degradazione batterica a all’assorbimento di acqua e sali , così riducendo in maniera drammatica il passaggio delle feci e la frequenza delle defecazioni; nel secondo caso il problema sta nella difficoltà dei pazienti ad espellere le feci a causa di una alterazione strutturale e/o funzionale della regione anorettale o del pavimento pelvico. La stipsi da ostruita defecazione o SDO( 4 – 5)può riconoscere dunque come causa una vera e propria ostruzione meccanica come un prolasso mucoso interno o una intussuscezione rettoanale, che determinano un ostacolo ostruttivo al passaggio delle feci fisicamente evidente ( ostruita defecazione di tipo meccanico strutturale ); oppure è una disfunzione del pavimento pelvico a costituire una ostruzione funzionale altrimenti definita come anismo o dischezia contrazione paradossa del puborettale (ostruita defecazione da dissinergia del pavimento pelvico).

E ancora un voluminoso rettocele anteriore ( > 3cm), che se da un lato può essere forse effetto di una dissinergia pelvica , o forse una sorta di meccanismo di compenso quando il retto è troppo mobile, dall’altro finisce poi per costituire esso stesso causa di defecazione ostruita determinando una dispersione in senso orizzontale delle forze pressorie che spingono il bolo fecale fuori dal canale anale (ostruita defecazione da dispersione del vettore forza).

Infine altre volte entra in gioco una alterazione della sensibilità e/o della compliance rettale nel senso che una riduzione della sensazione di riempimento conduce a una mancata percezione dello stimolo e un aumento della compliance rettale riduce l’efficacia degli sforzi pressori alla defecazione. ( ostruita defecazione da diminuita sensibilità alla distensione).

E’di importanza fondamentale rilevare , ai fini di una diagnosi corretta e soprattutto per la scelta di un corretto trattamento, che spesso i vari tipi di defecazione ostruita coesistono , embricandosi fra loro in maniera variabile . Lassità del pavimento pelvico e delle strutture di sostegno del canale anale e del retto, inappropriata ed insufficiente pressione intrarettale durante la fase espulsiva, mancato od incompleto rilasciamento dei muscoli lisci e/o striati del pavimento pelvico e degli sfinteri anali, sensibilità rettoanale incompleta o assenza di stimolo, sono tutte componenti che governano il delicato equilibrio della defecazione , e la alterazione , anche parziale di una sola o di poche componenti, basta a compromettere la regolarità e l’efficienza della intera funzione defecatoria.A complicare ulteriormente le cose non bisogna trascurare il ruolo decisivo che hanno, a volte , le turbe della personalità, i disturbi psicologici e le malattie mentali.

Alla luce di quanto accennato , non è dunque sempre facile in ogni singolo caso inquadrare il paziente nella sua tipologia di disturbo della defecazione , che può variare parecchio da soggetto a soggetto sia in termini di gravità che in quelli di causalità e concausalità. Ma una attenta selezione di ciascun singolo paziente con defecazione ostruita è indispensabile se si vuole trattare la patologia in maniera soddisfacente, ritagliando il tipo di trattamento più appropriato caso per caso. Ecco perché diventa indispensabile sottoporre i pazienti affetti da sindrome da defecazione ostruita ad un iter diagnostico rigoroso che passa attraverso una anamnesi minuziosa, una classificazione secondo gli score più conosciuti, un eventuale profilo psico attitudinale, un utilizzo di esami strumentali indispensabili quali la manometria rettoanale, la EMG pelvica, la ecografia endoanorettale, la defecografia, la risonanza magnetica.

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